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Analisi

Il futuro di Ibrahimovic tra progetto e paure

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MILANO – Affetto, speranza, orgoglio, carattere, carisma e risorse tecniche: tutto questo è Zlatan Ibrahimovic, tutto questo ha portato (anzi, riportato) il fuoriclasse svedese da quando è tornato a Milanello ad inizio gennaio, in un gruppo spaesato e troppo inesperto per raggiungere, o comunque provare a farlo, quei traguardi che il blasone di un club come il Milan richiedono quasi per inerzia. E non è un caso se i rossoneri con Ibrahimovic hanno conquistato 3 vittorie su 4 in campionato e senza di lui hanno balbettato contro il Verona, pareggiando 1-1 e riscoprendosi nuovamente vulnerabili e soprattutto sterili in attacco.

Aspettative

Che il campione scandinavo abbia contagiato lo spogliatoio milanista con temperamento e voglia di vincere è assodato, così come altrettanto palese è l’attaccamento della squadra nei suoi confronti, perché tanto in campo quanto fuori i calciatori rossoneri pendono dalle sue labbra, cercano di prendere spunto dai suoi modi di fare e di essere, per non parlare dei tifosi, letteralmente rinati dopo il ritorno di Ibrahimovic e nuovamente orgogliosi di poter annoverare ancora tra le fila della squadra un fuoriclasse di quel calibro. Per quanto, però? Il contratto parla chiaro: 6 mesi e rinnovo automatico per altri 12 in caso di quarto posto e in ogni caso dopo aver valutato e discusso ogni aspetto.

Previsioni

A dirla tutta, non è affatto scontato che Ibrahimovic sia ai nastri di partenza anche per la stagione 2020-2021 ed alcuni indizi, messi insieme, spaventano l’intero popolo milanista. Intanto le parole di Mino Raiola il giorno dopo l’ufficializzazione del ritorno dello svedese a Milano: “Questi 6 mesi saranno come l’ultima tournée dei Queen”, 6 mesi, si noti bene; e poi ecco lo stesso calciatore dopo la rete del 2-0 a Cagliari lo scorso 11 gennaio: “Rinnovo? Difficile, magari se riusciamo a vincere il campionato”. Segnali che, uniti alle valutazioni del centravanti sulla propria tenuta fisica, sulle ambizioni della squadra e sulla qualificazione o meno dei rossoneri alle prossime coppe europee, lasciano pensare come quel prolungamento sia tutt’altro che certo e che il rischio che la nuova storia d’amore fra Ibrahimovic ed il Milan si possa chiudere all’indomani dell’ultima giornata di campionato non è ipotesi così lontana.

Timori

Che la punta milanista non fosse eterna, il pubblico rossonero lo sapeva sin da subito, ma la verve e l’entusiasmo riportato a Milano da Ibrahimovic infondono nel cuore dei tifosi la paura che se tutto dovesse finire in pochi mesi la beffa sarebbe doppia: non vedere più il campione scandinavo in campo e ripiombare in quella mediocrità che ha contraddistinto il Milan nelle lunghe e tormentate stagioni senza di lui. Ecco, che società e dirigenza siano preparate: l’eventualità che Ibra dica addio a giugno esiste, sarà pure dura da accettare, ma sarebbe nella logica di un atleta che il prossimo 3 ottobre compirà 39 anni; agli stati generali rossoneri il compito (a giugno 2020 o al più tardi un anno dopo) di tenere alto morale e valore tecnico di una squadra ancora convalescente e a cui non si può togliere il medico nel bel mezzo della terapia di recupero.

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