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Analisi

Milan: tutto ciò che non si vuole capire

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MILANO – Si dice in queste ultime settimane che ai vertici del Milan vi siano due visioni diametralmente opposte circa la gestione sportiva del club: da una parte la coppia Boban-Maldini (che si trascina dietro anche Massara), dall’altra l’amministratore delegato Ivan Gazidis, referente in Italia della proprietà americana gestita dal fondo Elliott e dalla famiglia Singer. Il nodo è la programmazione del futuro: Boban e Maldini vorrebbero ripartire da un allenatore di primissimo livello (cioè Allegri), mentre a Gazidis piacerebbe proseguire col fantastico (si fa per dire) mondo degli esperimenti, ingaggiando il tedesco Rangnick o lo spagnolo Marcelino, coi quali riprendere il progetto giovani già miseramente fallito e corretto in fretta e furia a stagione in corso.

Scelta

A Milanello si sono succeduti in questi ultimi anni ben 8 allenatori dopo Massimiliano Allegri, nessuno dei quali di primo piano, tre provenienti dal settore giovanile rossonero (Inzaghi, Brocchi e Gattuso), due di ripiego dopo i rifiuti dei reali obiettivi (Giampaolo e Pioli), tutti associati dallo stesso destino, ovvero mancare su tutta la linea il ritorno del club milanista ad alti livelli e, Gattuso escluso, nessuno dei quali è stato in grado di lottare neanche lontamente per la riconquista di un posto in Coppa dei Campioni, competizione dalla quale i rossoneri mancano dal febbraio 2014. Sono tanti, tantissimi i soldi spesi per tecnici incapaci di invertire la rotta, quando sarebbe bastato spendere la stessa cifra per un solo allenatore, ma per uno realmente in grado di imporre idee e mentalità vincente in una squadra apparsa spesso allo sbando.

Reiterazione

Ebbene, se Boban e Maldini sembrano essersi convinti di tale soluzione dopo aver visto i disastri imperanti e peraltro prevedibilissimi di Giampaolo ed aver capito che Pioli può mettere pezze qua e là ma non essere il condottiero di un Milan da riportare ai vertici del calcio italiano, proprietà ed amministratore delegato appaiono ancora ammaliati da soluzioni rischiose e fantasiose, nonostante sia ormai chiaro ed evidente che Milano non è una piazza da esperimenti, men che meno in questo momento storico. Ai rossoneri occorre una guida tecnica che abbia già alle spalle anni ed anni di campionati importanti, magari di vittorie, per entrare nello spogliatoio e dire con fermezza: “Si fa così”. Se è vero che il fondo Elliott è tutt’altro che vicino alla cessione del club, farebbe allora bene a tradurre in fatti le tante (finora inutili) parole sul voler riportare il Milan nell’elite del calcio, perché il Diavolo sarà pure lo stemma societario, ma perseverare negli errori è diabolico anche nella casa milanista.

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