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Analisi

Milan: cosa imparare da una partita maledetta

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MILANO – Il Milan riacciuffa nei minuti di recupero la partita contro il gagliardo e tosto Verona e alla fine non sa se essere contento del punto preso o rammaricato per i due lasciati per strada. Anche perché gagliarda e tosta è stata pure la squadra di Pioli, partita male ma capace di rimontare nonostante rigori sbagliati, gol annullati, pali, traverse e miracoli del portiere avversario. I rossoneri restano in testa alla classifica e benedicono una sosta che permetterà di respirare dopo 7 giornate (più 3 di coppa) vissute al cardiopalma fra l’ansia di soffrire di vertigini e l’entusiasmo per un avvio come non se ne vedevano da anni.

Cosa va

Nel Milan visto contro il Verona c’è da elogiare lo spirito di non abbattersi in una gara che ha ricordato sfide del passato che per i rossoneri si sono rivelate dannate come le finali di Coppa dei Campioni contro Marsiglia e Liverpool, dominate e clamorosamente perse, o come la semifinale di Coppa Italia del 1991 contro la Roma, persa a causa di un’autorete di Van Basten nonostante 17 tiri a uno per la compagine allora di Arrigo Sacchi. Il Milan ha preso cazzotti da tutte le parti, qualcuno se lo è dato da solo (vedi rigore di Ibrahimovic sparato fuori dello stadio), ma alla fine non ha perso l’incontro e chi conosce abbastanza il calcio sa che non è poco; la squadra di Pioli ha carattere e convinzione, oltre a tantissimo cuore.

Cosa non va

Va detto, però, che l’altra faccia della medaglia nella serata di San Siro è l’inizio balbettante in cui il Verona si è infilato a proprio piacimento vincendo quasi tutti i contrasti e portandosi meritatamente sul 2-0. Si dice che alcune squadre abbiano bisogno di prendere uno schiaffo per svegliarsi, il Milan però sembra che necessiti di un pestaggio vero e proprio, col rischio che non tutte le partite conducano poi a rimonte come quella contro i veronesi; perdere punti per approcci molli sarebbe un delitto gravissimo per una squadra che punta a tornare grande e che ha già dimostrato, invece, di poter battere e giocarsela con chiunque.

Cosa serve

La sosta, si diceva. Ora Pioli ha due settimane per parlare con lo spogliatoio e ricaricare le pile, anche perché le due strane serate contro Lille e Verona possono far correre il pericolo alla formazione milanista di credersi ridimensionata dopo l’inizio sprint, quando invece basterebbe mettere un po’ d’ordine in un gruppo che nelle ultime uscite è apparso schizofrenico, soprattutto col Verona quando è riuscito ad abbinare un primo tempo moscio ed inconcludente (con gli ennesimi gol incassati da calcio piazzato, altro aspetto da verificare) e una ripresa condotta a testa bassa e che con un po’ di fortuna avrebbe potuto portare anche alla clamorosa vittoria.

Singoli

Il Milan c’è, non era perfetto prima e non è da buttare adesso, ha recuperato un risultato che pareva ormai scivolato via, prodezza che in altri anni non sarebbe mai avvenuta. Infine, Pioli dovrà assolutamente parlare con alcuni dei suoi calciatori: a Ibrahimovic va fatto capire (e già l’ha fatto da solo) che forse i prossimi rigori sarà meglio farli calciare a Kessie; a Theo Hernandez, invece, va spiegato che giocare bene soltanto l’ultima mezz’ora non produce granché, mentre Brahim Diaz (che pure ha servito ad Ibrahimovic l’assist del 2-2) deve comprendere alla svelta che il calcio italiano concede pochissimo tempo per ragionare e che la palla va ceduta rapidamente. Dopo la sosta c’è il Napoli, forse l’avversario peggiore al momento o forse il migliore per capire quanto Lille e Verona abbiano insegnato a Pioli e a suoi.

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