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Analisi

Ora è anche il Milan di Gazidis

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MILANO – Dal famoso Atalanta-Milan 5-0 del 23 dicembre 2019 sembra passato un secolo, invece è trascorso poco più di un anno. In questo lasso di tempo, i rossoneri si sono trasformati, hanno cambiato identità, sia ai vertici del club, sia in dirigenza, in panchina e poi in campo, come se la mazzata dello stadio Atleti Azzurri d’Italia fosse servita come sberla per risvegliarsi da un torpore che durava ormai da troppo tempo. Il secondo posto della stagione appena terminata, in fondo, è stata la logica conseguenza ed il giusto premio al cambiamento che ha avuto diversi protagonisti.

Riscatto

Menzione particolare va ascritta ad Ivan Gazidis, uomo della proprietà, fortemente voluto dalla famiglia Singer ed amministratore delegato della società. Dei primi mesi del manager sudafricano si sa più o meno tutto, dai silenzi ai diktat con pochi risultati a favore (linea verde, giovani sotto i 23 anni senza alcuna eccezione, obiettivi sportivi confusi e mai dichiarati, verbi coniugati solamente in un futuro prossimo), mentre del “nuovo Gazidis” si è forse parlato meno e invece anche la mutazione del principale dirigente milanista nell’ultimo anno e mezzo merita un approfondimento.

Miglioramenti

Gazidis ha capito, come tutti, che la gestione del Milan ante 2020 non avrebbe portato a nulla se non ad un ulteriore affossamento dell’ex club più titolato al mondo. Bene i giovani, ma non soltanto, perché senza guide d’esperienza si va poco lontano; e allora ecco l’ok al ritorno di Zlatan Ibrahimovic che ha rivoltato come un calzino lo spogliatoio rossonero, migliorando i compagni e perfino il tecnico Stefano Pioli. A proposito dell’allenatore, vi ricordate quando Gazidis era l’unico uomo al mondo a voler cacciare Pioli per far posto a Ralf Rangnick? Ecco, anche lì il suo passo indietro è stato vitale.

Svolta

La conferma del tecnico emiliano e la rinuncia al rischiosissimo progetto del tedesco (peraltro ad oggi ancora disoccupato) è stata la prima pietra sulla splendida costruzione che ha portato il Milan al secondo posto nel nuovo campionato. E se Gazidis fosse stato meno umile o meno riflessivo, chissà dove sarebbero ora i rossoneri con Rangnick, senza Ibrahimovic e, soprattutto, senza quell’armonia che solo Pioli è riuscito a creare nel gruppo. Infine, la comunicazione: via i silenzi e le interviste senza domande e piene di dogmi, spazio alle riflessioni, ai confronti e, soprattutto, alla chiarezza.

Futuro

Gazidis è il capo, ma non è più il padre padrone degli inizi, ha smussato i lati più duri ed intransigenti del suo carattere, si è aperto al dialogo, ha capito che, ad esempio, rinunciare a Paolo Maldini sarebbe stato un peccato e, probabilmente, un errore, allora pieni poteri sportivi all’ex capitano, deroghe alla linea verde under 23 e carta bianca per potenziare, migliorare e rinforzare l’organico a disposizione di Pioli, con un occhio ai conti e uno al campo, come ogni società ambiziosa dovrebbe fare sempre. I tempi dell’hashtag “Gazidisout“, insomma, sembrano ormai un brutto e lontano ricordo.

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