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Analisi

Milan: la rabbia e l’orgoglio di una sconfitta

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A prescindere dalla bellezza della partita (Milan-Napoli è stata di gran lunga la partita più bella del campionato finora), la gara di San Siro fra Milan e Napoli ha dimostrato come quelle di Pioli e Spalletti siano, ad oggi, le due squadre migliori della serie A. Intensità, forza fisica, carattere, qualità di gioco, velocità nei movimenti, due formazioni di chiara matrice europea, una gara che poteva tranquillamente finire in parità se il Milan non avesse incontrato sulla sua strada un Meret in stato di grazia e un paio di legni nemici a frenare la riscossa milanista.

Qualità

Non c’era Leao, è vero, e i guizzi e le accelerazioni del portoghese avrebbero fatto comodo a Pioli e ad una squadra a cui, però, non è mancato praticamente nulla per essere alla pari di un Napoli molto forte, sornione ma anche schiacciato per diverso tempo nella propria metà campo a rintuzzare gli attacchi di un Milan arrembante che ha mostrato talento, qualità e voglia di vincere, segno che la mentalità è ormai acquisita e che questo tipo di partite non spaventano più i rossoneri, anzi, li fanno esaltare. I campioni d’Italia sono forti e anche in una serata storta lo hanno fatto vedere.

Errori

Qualche cruccio, al di là del risultato, resta comunque nell’ambiente milanista. Pioli, che di solito le scelte a partita in corso le indovina, si è fatto prendere dalla sindrome di Simone Inzaghi togliendo all’intervallo gli ammoniti Calabria e Kjaer, col risultato che lo spaesato Dest ha causato il rigore che ha indirizzato la partita e non ha mai spinto sulla fascia. Tenere in campo giocatori col giallo sul groppone è certamente un rischio, ma in fondo non lo è ugualmente inserirne uno senza esperienza? E poi i gol subìti: le reti al passivo sono troppe e, per un motivo o per l’altro, il Milan ha chiuso con la porta inviolata solamente due partite stagionali. Un dato, questo che deve far riflettere più di altri.

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