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Analisi

Cosa non funziona nel Milan d’Europa

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C’è tanto ancora da imparare e da lavorare. Si può riassumere così la serataccia del Milan a Stamford Bridge e lo 0-3 incassato contro un Chelsea tutt’altro che irresistibile, ma comunque a tratti imprendibile per i rossoneri. Timido, impacciato e confusionario, il Milan ha retto fino al gol del vantaggio degli inglesi e poi, al di là di un paio di spunti di Leao a fine primo tempo, è rimasto in balia degli avversari a prendere pugni a destra e a sinistra. Nulla è compromesso in vista della qualificazione agli ottavi di finale, ci mancherebbe, eppure i limiti del Milan europeo si vedono tutti.

Giustificazioni

Certo, qualche attenuante esiste: in primis le assenze, perché attaccarsi a chi non c’era è segno di poca mentalità, ma regalare in Coppa dei Campioni gente come Maignan, Calabria, Theo Hernandez, Messias e Saelemaekers che, con tutti i difetti, sono gli unici attaccanti di destra a disposizione di Pioli, Kjaer, Florenzi, per non parlare del carisma di Zlatan Ibrahimovic, appare troppo. E poi va ricordato che il Milan (questo Milan) è solo al secondo anno nell’Europa dei grandi e non può avere ancora quella malizia e quel pelo sullo stomaco sufficiente a gestire momenti e difficoltà come invece accade in campionato.

Colpe

Ci sono poi le responsabilità di chi è andato in campo, perché gli errori sono stati molteplici nella brutta serata londinese. Tomori, ad esempio, oltre a dormire sul gol del 2-0, si era fatto ammonire scioccamente per una protesta inutile dopo un fallo di Bennacer a centrocampo; sciocchezze che l’anglo canadese non aveva mai palesato prima. Impalpabile e mai servito Giroud, distratti e disorientati Ballo-Touré, Dest e Krunic, ancora poco avvezzi ad un palcoscenico simile. Il Milan di coppa non è affatto bocciato, semmai rimandato in una materia veramente molto complessa.

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