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Analisi

Elliott-Maldini: due posizioni inverosimili

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MILANO – La situazione attuale del Milan è deprimente da quasi tutti i punti di vista: la società è gestita da un fondo che sa come muovere i soldi ma non come farlo nel calcio, è amministrata da Ivan Gazidis che in quasi due anni al comando del club non ne ha azzeccata una neanche per sbaglio, infine la squadra che, nonostante i propositi di rilancio sbandierati a destra e a sinistra da proprietà e dirigenza, continua a rimandare il ritorno in Coppa dei Campioni anche se nel 2020 sembra esser ripartita con marce più alte del passato, ma è pronta ad essere smembrata ad agosto ed affidata alle cure di Ralf Rangnick che prima dovrà conoscere la serie A e poi forse ricostruire la compagine rossonera.

Conflitti

In mezzo alle macerie della grande società che fu, inoltre, ci sono altri pezzi da ricomporre, come ad esempio il rapporto fra Paolo Maldini e il club dopo che l’ex capitano era stato richiamato a gran voce per gestire l’area tecnica (prima accanto a Leonardo, poi a Boban e infine da solo), salvo poi essere sfiduciato da quella stessa proprietà che tanto lo aveva acclamato. Reo di aver portato in panchina Giampaolo (e qui le critiche se le deve subire tutte senza giustificazione alcuna) e di contrastare l’ardito progetto di Gazidis che vorrebbe costruire un Milan totalmente giovane e che abbia l’ambizione di tornare competitivo. Maldini continua a trincerarsi dietro il muro dei “vedremo a fine stagione“, ma il suo destino è ormai segnato, nel nuovo organigramma di Gazidis e Rangnick per lui non v’è posto.

Posizioni

Al di là degli errori, appare logico che Maldini seguirà le orme dei suoi predecessori lasciando la gestione della squadra in mano a Gazidis e a Rangnick, eccitati da un organico di soli under 25, sordi di fronte alle urla disperate di Maldini (eco di quelle inascoltate di Boban) che sa benissimo come una formazione vincente si componga di una perfetta miscela fra giovani talenti ed elementi più esperti, e che non ci sta a restare il capo dell’area tecnica se poi le sue richieste vengono puntualmente ignorate da chi è sopra di lui (cioè Gazidis), ormai accecato dal miraggio che Rangnick possa essere il nuovo rivoluzionario del calcio italiano e del Milan, un Arrigo Sacchi in crosta di crauti.

Incongruenze

Il paradosso, poi, è che Elliott vuole togliere potere a Maldini ma non vuole privarsi di lui, il che significa cambiargli mestiere, della serie: l’area tecnica la gestisce Rangnick, a te faremo fare altro (ambasciatore del club, ad esempio, forse pure vicepresidente). L’ex capitano, dal canto suo, è alquanto intransigente: o dirige l’area tecnica o niente. Posizioni palesemente incompatibili, così come incompatibili sono lo stesso Maldini e Rangnick che si sono lanciati stoccate e frecciate indirette negli ultimi mesi. Eppure, il Milan vorrebbe tenere Maldini pur con ruoli diversi e pur sapendo che lui è fermo sulle sue posizioni in un teatro dell’assurdo che ammainerà l’ennesima bandiera in casa rossonera e porterà il club ad un’altra completa rivoluzione con altissime probabilità di rischio.

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