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Analisi

Milan: un tempo c’era solo Ibrahimovic

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MILANO – Il Milan in campionato viaggia a vele spiegate e, al di là della classifica, dimostra settimana dopo settimana che il lavoro dell’ultimo anno e mezzo sta pagando e pure con gli interessi. L’artefice di quest’impresa è senza dubbio Stefano Pioli, tecnico sbarcato a Milanello nell’indifferenza generale esattamente due anni fa e che si è conquistato stima e riconoscenza da parte di tutto l’ambiente milanista. Con lui Zlatan Ibrahimovic, tornato in rossonero come il salvatore della patria ed ormai simbolo incontrastato e linea d’unione fra il vecchio e il nuovo Milan.

Crescita

Proprio attorno al fuoriclasse svedese si è sempre detto che girasse l’intera compagine milanista: c’è Ibra, il Milan gioca, combatte e magari vince, manca Ibra e riecco il Milan timido coi giocatori che si guardano tra di loro in tono interrogativo. Ebbene, certamente riavvolgendo il nastro questo si può notare a gennaio e a febbraio del 2020 quando i rossoneri erano ancora in costruzione e il centravanti scandinavo l’unico a possedere esperienza e, soprattutto, mentalità vincente, la stessa da inculcare anche ai compagni. Esperimento che ad oggi sembra esser davvero riuscito.

Scommessa

Riprendere Ibrahimovic dopo quasi 10 anni di assenza e a quasi 40 di età sembrava la classica mossa della disperazione per il Milan e, chissà, forse lo è stata per davvero, eppure si è rivelata una scommessa vinta. L’asso svedese ha motivato e trasformato lo spogliatoio, oltre a segnare come un dannato, ma è riuscito nell’intento di lasciare in eredità ai compagni quella mentalità di cui sopra. La squadra adesso sa muoversi anche da sola, Ibrahimovic l’ha presa per mano, le ha insegnato a camminare, ma ora i passi non sono più stentati, sono forti e sicuri.

Futuro

Il Milan corre a gran ritmo, l’anno scorso ha raggiunto il secondo posto in campionato tornando in Coppa dei Campioni dopo 7 anni di assenza, Ibrahimovic guarda lo spettacolo divertito, sa che un po’ di merito è anche suo, quando gioca non dirige più il resto della squadra come un tempo, ma gioca assieme agli altri, o meglio, gli altri giocano assieme a lui ormai alla pari. Quando è in panchina è un altro allenatore, urla, consiglia, protesta, esulta, si dispera, è accanto col corpo e col cuore a quei ragazzi che lui stesso ha contribuito a svezzare. C’era una volta il Milan che dipendeva solo da Ibrahimovic, benvenuto al Milan che dipende da tutti.

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