Entra in contatto con noi

News

«Troppe partite, giocare meno è un’esigenza. E in A pochi giocatori italiani»

Lo afferma, in un’intervista sul Corriere della Sera, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori (Aic), Umberto Calcagno

Pubblicato

il

Il “punto fermo” su cui “tutti i calciatori sono d’accordo è che non si può continuare a giocare così tanto”. Lo afferma, in un’intervista sul Corriere della Sera, il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori (Aic), Umberto Calcagno.

“Ci sono due direttrici”, spiega commentando le voce sul fatto che molti calciatori siano favorevoli a un Mondiale biennale, novità per cui la FIFA – contrastata dalla Uefa – si sta spendendo molto, “La prima è la tutela della salute dei grandi calciatori, con più di 70 partite a stagione, 50 delle quali con meno di 4 giorni di recupero: il punto fermo sul quale tutti i calciatori sono d’accordo è che non si può continuare a giocare così tanto. Le finestre Fifa ad esempio vanno riviste. Secondo: non contrastiamo la ricerca di nuove risorse, ma alle nuove competizioni ci si deve arrivare con il merito sportivo. Altrimenti c’è il rischio di svilire i campionati interni”.

L’endorsement di Giorgio Chiellini alla Superlega

Il capitano della nazionale “ha detto che c’è l’esigenza di fare certi tipi di partite e giocare meno”, ha sottolineato Calcagno, “Dobbiamo trovare il punto di equilibrio fra giocare meno, preservare il merito sportivo e valorizzare gli aspetti economici, con una migliore redistribuzione”.

L’impatto positivo dell’estate magica sul calcio italiano “c’è stato e parlo anche dal punto di vista concreto”, ha proseguito Calcagno, “questo gruppo azzurro nel quadriennio, grazie all’intervento della Federazione, ha raccolto 4 milioni e li ha devoluti al fondo di solidarietà per i calciatori di B e C, le cui squadre non sono riuscite a iscriversi”.

In A pochi giocatori italiani

E se l’Italia non si qualificasse per il Mondiale? “Si deve continuare a lavorare sui settori giovanili. Veniamo da un grande trionfo ma il minutaggio degli italiani è passato dal 68 per cento del 2006, al 36 per cento del 2020”, ha aggiunto.

Quanto all’invito di sciopero rivolto ai calciatori da Pep Guardiola, il manager del Manchester City, il presidente dell’Aic ha sottolineato che “con meno partite in competizioni più ricche non è detto che si debba guadagnare meno. Il top player si pone il problema di svolgere la sua attività professionale in maniera diversa, con meno partite e meno viaggi, per fornire prestazioni migliori”.

Clicca per commentare

Devi essere loggato per postare un commento Accedi

Lascia un commento